La sfida evolutiva per il Sistema Paese Italia: pluralismo politico oggi, non domani

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In Italia, come in altri Paesi, è un altro lunedì di lockdown.

Pensare di avere un nuova settimana di ‘distanziamento sociale’, soprattutto quando si è  letteralmente bombardati da messaggi e notizie sulla pandemia, sul Coronavirus, sulle perdite di vite umane, sui rischi, ha effetti sul nostro sistema di vita e sul nostro sistema di elaborazione delle informazioni.

Come in altri contributi ho già avuto modo di mettere in luce, protratti stati emotivi di stress psicofisico acuto e cronico inibiscono lo sviluppo delle attività frontali del  cervello, deputate al monitoraggio e alla regolazione, e comportano l’attivazione di altre parti del cervello più arcaiche ed inconsce, esponendoci a stati confusivi in cui, fisicamente, il sistema immunitario ne esce indebolito e in cui ognuno di noi, mentalmente, diviene facile obiettivo di condizionamenti terzi, agiti anche in modo malevolo. E lo stress diviene cronico quando l’attivazione delle risposte di allarme diventa così frequente che l’organismo si abitua a funzionare a un alto e abnorme livello di allerta, ad esempio attraverso comunicazioni virtuali in grado di spezzare e creare irregolarità nei ritmi fisiologici anche di sonno e veglia. Questo è ciò che purtroppo sta già accadendo.

Quando si parla di effetto domino della pandemia su tutti i settori di un sistema sociale, politico ed economico, e di minaccia alla sua stabilità, non dobbiamo dimenticare che in questi è incluso anche il sistema del singolo essere umano, con tutta la sua peculiare unicità, compresa la sua abilità o non abilità alla resilienza, e la sua capacità di reggere o non reggere situazioni di stress psico-fisico.

E’ qualcosa su cui ritengo necessario e doveroso soffermarsi, perché quando la pandemia sarà conclusa, tutti dovremo fare i conti, come singoli e come sistema sociale, economico e politico, con lo stress psico-fisico dalla stessa generato. E con i rischi destabilizzanti che porta con sé.

E ancora una volta, possiamo, volendo, lavorare in prevenzione. Senza, ancora una volta, sottostimare gli indicatori presenti.

Ognuno di noi ha il dovere di attivarsi in tal senso per se stesso. Ed il Sistema nel suo complesso, è doverosamente chiamato a farlo, tutti mantenendo un approccio attento e vigile in un momento di crisi, anche per essere pronti a segnalare la messa in atto di azioni scoordinate, talvolta incomprensibili nella loro attivazione, che adottano criteri noti, utilizzati in situazioni di ‘normalità’, ma che già lacunosi in momenti normali, certo non possono essere i criteri da adottare in fasi emergenziali, perché rischiano di aggravare anziché ridurre la crisi.

Sono i criteri del ‘facciamo tutto noi  che la pensiamo nello stesso modo’,  scordando che proprio il pensarla ‘nello stesso modo’ non consente di cogliere spunti che proprio perché derivano da elaborazioni mentali diverse possono essere innovativi e utili. Sono i criteri atavici del ‘muro contro muro’ totalmente sterile, della demonizzazione di chi la pensa in modo diverso da sè, della volontà cieca di neutralizzare un avversario politico, dimenticando tutti che non è certo questa la strada per dare sostanza alle proprie posizioni, dimenticando che è proprio questo terreno di divisioni precostituite a rivelarsi la più grande vulnerabilità del nostro Paese, soprattutto in situazioni di emergenza.

E’ tempo di smettere di indulgere in convinzioni antistoriche e approcci non degni di un Paese che si è risollevato da conflitti e cataclismi anche naturali più e più volte, quegli approcci secondo cui passiamo con annebbiata disinvoltura dal ‘non la penso come te’ a una modalità ottusamente escludente in cui si giunge ad affermare ‘il tuo punto di vista non ha alcun valore e quindi tu non hai alcun valore, perché non la pensi come me’.

Le situazioni di emergenza scuotono anche questi approcci nel profondo. E’ tempo di relegarli al pre-pandemia perché già ora rivelano tutta la loro inefficacia, perché contrastano sia con l’amore per il Paese, sia con la richiesta di ‘farcela insieme’ che tanto oggi vengono, anche istituzionalmente, invocate.

I cittadini si aspettano, legittimamente, di vedere che la richiesta assunzione di responsabilità e consapevolezza di fronte all’emergenza, sia allo stesso modo adottata e attuata da chi li sta guidando, tutti, forze di governo e forze di opposizione, tutti capaci di restare coesi, ma non in un consenso ovattato ed irrealistico, quanto nelle  loro differenze. Perché è solo questo il modo in cui davvero #insiemecelafaremo.

Altri metodi sono illusori, e con onestà intellettuale tutti possiamo incominciare a vedere come mostrino sfilacciamenti e conseguente instabilità.

I cittadini si aspettano di vedere che differenze consapevoli di vedute non siano più considerate una minaccia, quanto meno in uno Stato che si definisca democratico, ma diventino potenziale risorsa per tutto il sistema, perché sono questi gli elementi di valore del pluralismo, che consentono si evidenzino criticità, e che queste, lavorando insieme, vengano superate. Perché consentono che tutti, nessuno escluso, sia in osservazione del reale, e da lì esprima proposte migliorative attraverso il proprio peculiare punto di vista, con cognizione di causa, con coscienza, e con consapevolezza.

Questo è il valore più profondo di un sistema realmente democratico. Questo è ciò che viene chiesto a tutte le forze politiche oggi. Forse la sfida più grande per il Sistema Paese Italia che ad oggi, escludendo di fatto le forze di opposizione dalla gestione dell’emergenza e non aprendo alle attività parlamentari, non pare aver ancora raccolto questa sfida epocale.

Certamente, si tratta di adottare un approccio che richiede sforzo individuale.

E’ del resto il medesimo sforzo che viene chiesto a tutti i cittadini, perché per il bene del Paese, attivino azioni coscienti, che non siano la semplice reazione di attacco o difesa o fuga o immobilismo annichilito, tutte reazioni  di ancestrale memoria.

L’attuale pandemia da coronavirus richiede quindi, a tutti, singoli individui e sistema Paese nel suo complesso, un cambio di passo, un netto cambio di passo. Non è più il tempo, se mai lo è stato, di adottare modalità antagoniste fini a se stesse o di resuscitare fantasmi del passato, rievocando scheletri di storia del Paese dolorosa, spesso al solo scopo di restare in modo illusorio nella propria zona di comfort, annebbiando se stessi e la realtà presente.

E’ il tempo per mostrare che non soltanto i singoli cittadini sanno fare squadra di fronte all’emergenza, e sanno mostrarsi resilienti, ma che anche le forze politiche sanno lavorare con trasparenza insieme, mettendo a sistema i contributi costruttivi di tutti, nessuno escluso, per il bene del nostro Paese nel suo complesso.

Come riuscire in questo cambio di passo dipende dalla volontà di farlo innanzitutto. Mantenere chiuso il Parlamento non è la strada consona allo stato attuale delle cose.

La pandemia da Covid-19, comunque la si voglia considerare, nel suo traumatico impatto, può offrire in questo senso a tutti noi e a tutto il sistema Paese una grande opportunità.

Può essere utile provare quindi a spostare il focus della nostra attenzione sull’attuale fase della pandemia da una prospettiva differente, che partendo dal singolo torna in un circolo virtuoso al sistema nel suo complesso.

Non è speculazione teorica, ma pratica, in grado di dispiegare i propri effetti in modo incisivo e concreto nella nostra realtà quotidiana. Ed in grado di contribuire a prevenire l’attuale rischio di dover fronteggiare, finita la fase emergenziale, uno stato di diffuso stress pisco-fisico sociale, economico e politico, che avrebbe sicuri e profondi impatti sul Paese, condannandolo ad una vulnerabilità e ad una destabilizzazione estremamente pericolose, che non ha i suoi semi in alcun orientamento politico, bensì in uno stato fisiologico, che stiamo determinando proprio oggi, con le nostre azioni, ed omissioni. E di cui saremo tutti chiamati ad assumerci la totale responsabilità.

Proviamo ad assumere quindi la prospettiva che giorno dopo giorno, grazie all’instancabile lavoro di medici, infermieri, ricercatori, lavoratori impegnati nel garantire la soddisfazione di servizi essenziali e dei bisogni primari della popolazione, e grazie a tutto il personale impiegato a servizio del Paese per garantire la nostra sicurezza, siamo e saremo sempre più vicini alla risoluzione positiva della crisi globale. Ci sono e ci saranno alti e bassi durante questa strada, ma ci stiamo tutti muovendo in questa direzione, e vedremo presto la luce in fondo al tunnel. Ora dopo ora, se spostiamo il focus dal dolore, dalla sofferenza, dalla paura, dall’ansia, verso la luce che proviene dalla Vita, nuove strade possono aprirsi di fronte a noi.

Nonostante le analogie spesso usate per confrontare l’attuale stato emergenziale con le precedenti epidemie nella storia dell’uomo, questa è una situazione che non ha precedenti. Ma è pur vero che per fronteggiarla efficacemente, possiamo far leva oggi su risorse neppure immaginabili ai tempi delle passate pandemie: avanzata tecnologia e risorse umane di eccellenza, e siamo quindi nelle condizioni di coordinare tutto questo per la protezione e la salvaguardia di gran parte dell’umanità.

Tuttavia è un fatto che il coronavirus Covid-19 stia lasciando dietro di sé, al suo passaggio, dolore, paura, e un comune senso di vulnerabilità unito alla comune consapevolezza che tutto ciò che davamo per scontato, non lo è.

Allo stato attuale noi tutti siamo costretti, nostro malgrado, a fermarci, sacrificando la nostra connessione fisica, che è un sano  bisogno umano, allo scopo di preservare la nostra salute individuale e quella della nostra società. Le differenti reazioni a questa richiesta, che è oggi una legittima richiesta data anche la sua natura temporanea, ci mostrano come sia per molte persone difficile accettare un cambiamento comportamentale soprattutto quando interferisce con i propri umani bisogni e la propria liberà. Se, nell’immediato questo genera oggettive difficoltà nella gestione dell’emergenza, in chiave positiva questo significa anche che ognuno di noi ha a cuore le proprie libertà fondamentali e che il sistema immunitario della nostra società non ha intenzione di piegarsi a qualsivoglia richiesta.

Pur tuttavia oggi è necessario uno sforzo di adattamento. Uno sforzo di adattamento che però necessita di essere ben attenzionato e agito con consapevolezza, perché non può astrarsi dal contesto sociale in cui viene richiesto, né dallo stato, temporaneo, emergenziale. Sono molte le modalità che possiamo adottare per far sì quindi che le attuali misure restrittive, la cui enfasi è esponenzialmente aggravata dal fatto che sono assunte a livello globale, non annebbino il nostro pensiero, e anzi siano occasione di allenare la nostra individuale resilienza.

Possiamo quindi assumere un nuovo approccio, che passa, come sempre, attraverso la scelta di farlo proprio. Come sempre è il libero arbitrio la chiave per attivare in noi nuove risorse, anche quando ci troviamo al di fuori della nostra comfort zone. Siamo quindi chiamati ad una scelta di base: usare un approccio di lamento e di giudizio, destinato ad attivare una spirale discendente di ulteriore lamento, dove solo ombre ed emozioni tossiche entrano in circolazione, oppure aprirci ad una visione diversa, prendendo innanzitutto atto, persino in modo neutro, che una nuova entità, su cui non abbiamo al momento il controllo, è entrata nella nostra vita. E adottare di conseguenza un nuovo approccio mentale, che ha il suo centro di potere e controllo nella Serenità. Una Serenità, che contrariamente a quanto spesso si creda erroneamente, non è sinonimo di passiva e remissiva accettazione incondizionata. Muovere azioni dal fulcro della propria Serenità individuale significa infatti muoverle dal centro del proprio potere, in modo saggio ed equilibrato. Perché è la Serenità il luogo privilegiato da cui possiamo osservare il reale che ci circonda con il nostro più profondo e massimo potere, dove non c’è né esclusione né esaltazione. Da dove possiamo affermare che ciò che esiste, esiste, anche se non ci piace. Ed ha un suo proprio senso.  Da dove ci rendiamo conto che negarlo o rifuggirlo o esasperarlo non ha alcun effetto se non quello di mantenerlo nel tempo.

E’ infatti solo dal centro della nostra Serenità come potere personale che possiamo far sorgere domande che dovremmo porci di fronte ad ogni manifestazione della realtà, chiedendoci: perché questo è qui? Da dove viene? Che messaggio porta con sé?  Che cosa dobbiamo farne?

Queste sono le domande che sorgono dal centro della nostra Serenità individuale. Sono le domande che ci consentono di restare allerti, vigili, in uno stato di proattiva accettazione. E da lì scegliere come muoverci, nel modo che sia il più allineato possibile con ciò che realmente siamo e sentiamo.  E così, se si deciderà di cambiare le cose intorno a noi, si agirà. Se non si vorrà cambiare ciò che  è intorno, o se valuteremo che ci sono forze che al momento impediscono azioni di cambiamento, si sarà capaci di restare immobili. Immobili ma vigili. Ciò che farà la differenza sarà che dietro ad ogni azione che si deciderà di adottare, qualunque essa sia, dall’azione che genera cambiamento allo stare immobili, la Serenità sarà la reale guida.

Questo approccio è spesso sottovalutato, ed è spesso stato considerato in contrasto con l’efficienza e la produttività, che sembrano invece  più allineate ai nostri frenetici ritmi. Ma in realtà, la Serenità è una Disciplina, ed è l’ingrediente fondamentale della resilienza. Adottare questa Disciplina significa scegliere di restare in Serenità di fronte ad ogni cosa, significa ricordare a noi stessi questa scelta, e agire di conseguenza. Significa saper riconoscere inutili emozioni che annebbiano la nostra capacità di valutazione e agire a partire dalla nostra più profonda saggezza, con nuove azioni che davvero possono contribuire a cambiare il corso degli eventi. Da questo punto di vista, la situazione attuale emergenziale, dà ad ognuno di noi e al sistema in cui siamo inseriti, l’occasione cruciale per fare esperienza dell’adozione di nuove modalità di pensiero ed azione, acquisendo quindi consapevolezza della nostra assoluta totale responsabilità per ogni azione che decidiamo di intraprendere. E così facendo, divenendo sempre più  consapevoli che le azioni presenti, proprio perché si dipartono da uno stato di serenità e quindi di potere ed equilibrio, saranno semina per il nostro futuro.

Questo vale a livello del singolo.  E vale per il sistema Paese nel suo complesso.

La pandemia ci sta dicendo che il tempo delle divisioni precostituite è concluso, e che il termine resilienza per un sistema Paese, va riempito di sostanza, di azioni concrete e coerenti con esso.

La pandemia ci sta dicendo che i criteri fino ad ora utilizzati, basati su un arcaico ‘se non sei dalla mia parte sei contro di me’ sono conclusi, e che il tempo in cui, per affermare le proprie posizioni si sente necessario neutralizzare non solo le posizioni altrui ma addirittura chi ne è portatore, solo perché distanti e talvolta opposte alle proprie, è finito.

E’ tempo che il sistema Paese faccia una salto di qualità. Che ritrovi insieme alle sue debolezze i suoi punti di forza. Che ritrovi uno spirito nuovo che non lo esponga alla mercé di chicchessia, dalla Cina a Cuba passando per la Russia.

Che muova non più dalle divisioni, ma dalla coesione. Non da un pensiero unico ma dalla immensa ricchezza del pensiero divergente, che può essere fornito solo dal contributo di tutte, e non solo di alcune, forze politiche. Che muova con saggezza dalla Serenità, domandandosi quindi come Sistema: perché questa è la realtà ora presente? Da dove viene? Che messaggio porta con sé?  Che cosa dobbiamo farne?

Singolo individuo e macrosistema in cui lo stesso è inserito, sono realtà interconnesse. Se il singolo è chiamato oggi a implementare la propria resilienza, a porsi domande evolutive, l’intero Sistema deve prenderne atto e agire di conseguenza, con coerenza. Richiedere ai cittadini comportamenti responsabili è doveroso e necessario, ed è corretto e legittimo che lo richiedano le autorità di un Paese. Richiedere che tutte le Istituzioni agiscano in modo coordinato è altrettanto corretto e legittimo.

Agire a porte chiuse, agire senza un pluralistico confronto politico, agire in modo autoreferenziale, richiedendo implicitamente alle opposizioni un silenzio rivestito da politically correct in nome della coesione, è un errore.

Non è in linea con le evoluzioni che questa pandemia sta richiedendo a tutti noi.  Significa voler imprimere una forza di frenata e di rallentamento e di involuzione ad un sistema globale che sta andando esattamente nella direzione opposta. Significa gettare i semi per uno strappo traumatico del tessuto sociale, politico ed economico di un Paese, che sarà visibile una volta che saremo tutti nel post-pandemia. Questo approccio non funziona oggi, e non funzionerà domani. Sarà motivo di  ulteriore destabilizzazione quando l’allarme del rischio della salute pubblica sarà rientrato. E di questo dobbiamo essere consapevoli, perché oggi, e non domani, possiamo prevenirlo.

Nelle fasi emergenziali tutte le maggiori Istituzioni di un Paese devono essere tutt’altro che silenziate quanto piuttosto al massimo della loro attività. Perché ognuno possa dare il proprio contributo in termini di idee e risorse. Perché tutto il Paese si senta rappresentato e perché anche a livello istituzionale tutti gli attori che ne fanno parte, a prescindere dal proprio personale e legittimo orientamento politico, possano contribuire a  mantenere uno stato di vigilanza adeguato alla situazione, ora più che mai.

Si richiede legittimante ai cittadini consapevolezza. I cittadini la richiedono ora alle Istituzioni.

Richiedendo  in Italia la riapertura delle attività parlamentari.

Attività che siano guidate dalla consapevolezza responsabile che ci si trova in uno stato emergenziale, ma che questo stato emergenziale non è attivato in un regime, bensì in una Democrazia. E che quindi strumenti democratici devono essere messi in atto: dal confronto politico civile, all’assunzione di decisioni congiunte e coordinate anche con le opposizioni, al coinvolgimento fattivo e attivo di parti del Paese che benché non al Governo sono parte integrante del nostro Paese.

Se davvero amiamo questo Paese, di cui spesso solo attraverso pesantissime situazioni emergenziali riconosciamo il suo intrinseco valore, se davvero riteniamo che sia forte e in grado di reagire di fronte all’emergenza, allora non si dovrà temere di includere nelle decisioni chi la pensa in modo diverso. Oggi, è proprio questa divergenza tra discorsi istituzionali e fatti concreti che sta causando confusione, e tensione e sta gettando semi di disconforto, di amarezza e disagio anche tra i cittadini.

In tempo di emergenza, è necessario trascendere le differenze di vedute per un bene superiore, che è quello della propria Nazione. Ma trascenderle non è zittirle. All’opposto è includerle. È metterle a sistema. Si tratta, oggi, per tutti, dalle forze politiche attualmente al Governo alle opposizioni al Parlamento, di adottare una nuova e diversa modalità.

Si tratta di lavorare insieme. Il che significa, per tutti, smettere i panni dell’angelo e del demone, abbandonare i confronti sterili, basati su pregiudizi e precostituzioni mentali.

Significa smettere di cercare all’esterno, ed in modo completamente unilaterale e senza adeguati controlli, interventi salvifici da parte di attori stranieri che hanno già dimostrato la loro scarsa, se non nulla, credibilità e agire invece cercando, attraverso la coesione puralistica interna, una coesione che piuttosto, se del caso, richiami attori stranieri da sempre nostri alleati. E’ tempo di agire aprendo le attività parlamentari, e agendo, tutti, in Serenità consapevole, vigile, attenta, ferma e sicura, attraverso il contributo di tutti, e non attraverso personalismi e azioni in solitaria che non possono che avere risultati fallimentari.

Non lo chiedono solo alcune forze politiche. Lo chiedono i cittadini, lo chiedono coloro che ringraziamo ogni giorno per il lavoro instancabile che stanno portando avanti in quella che viene definita ‘trincea’, ma che si rivelerà vano se non riusciremo a fare davvero squadra, tutti, a tutti i livelli.

Si tratta di avere rispetto. Di fare del rispetto umano e del rispetto anche in sede politica la chiave di volta per una evoluzione e crescita di tutti, del singolo e di tutto il Paese, a salvaguardia di tutti, dei singoli individui e di tutto il Paese.

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